6 parole per capire la Francia (e i francesi)




In questo post, ironico e leggero ma frutto di osservazioni prolungate & studi semiseri, ho scelto 6 parole che, secondo me, potrebbero ben descrivere la Francia e i francesi. E credetemi, è stata davvero dura sceglierne SOLO sei. Vediamo insieme quali sono le "elette"!


1) RAYONNEMENT
L'irraggiamento, ovvero l'influenza esercitata da un Paese (indovinate quale) grazie al suo prestigio culturale o economico. E non è una parola al vento: i francesi ci credono davvero, tanto che, a quelli che "rayonnent comme il faut” concedono addirittura la cittadinanza.
Attenzione però: dopo aver rayonné, dovete anche vous assimiler, avete presente il detto "a Roma fai come i romani"? Eh già, non vorrete mica le beurre et l’argent du beurre (la botte piena e la moglie ubriaca)

Je rayonne, tu rayonnes... eh no siamo troppi! Un peu d'élitisme quand même.


2) ASSIMILATION  
una volta non si scherzava con l’assimilation (assimilazione), e sapete cosa succedeva in Francia? Se avevi un cognome italiano, spagnolo o comunque di origine straniera, questo veniva francesizzato. Ossia, l’ortografia veniva cambiata in modo tale da suonare il più francese possibile. Così vi spiegate cognomi singolari tipo Rossy, Massy, Trassy, De Mariolou e via discorrendo. 
Ma qualcuno ci ha provato persino in tempi recenti: lo sapete che una volta ho ricevuto un documento della Prefettura - 1998 d.C. - in cui mio padre, al secolo Gian Piero, era diventato JEAN-PIERRE? E come non ricordarlo, anche mio figlio Valerio per la pubblica istruzione (e amministrazione) si chiamerà sempre e solo Valério (eh oh). E il mio cognome (Miliacca), sapete come diventa nel 95% della corrispondenza che ricevo? Milliaca. Suona meglio in francese, mi hanno spiegato in molti, per cui la tentazione di dargli un tocco gallico - seppur inconscia - è sempre fortissima...mmm!
 
Meglio un OEUF oggi che una POULE (spennata) domani.

 
E guardate qua la definizione del Larousse online:  assimilation - action d'assimiler ou de s'assimiler : La bonne assimilation des immigrés à la population locale.

Allora l’égalité va a farsi friggere, direte voi? Ma perché mai, uguali senza dubbio, ma a un solo popolo preso come metro e misura universale. Ah certo, che poi tale processo di anelata assimilazione degli immigrati (di origine maghrebina) sia ahimè in gran parte fallito è purtroppo sotto gli occhi di tutti, ma questo è un altro paio di maniche. E vi siete mai chiesti perché andò meglio, molto meglio con gli immigrati di origine europea? Lo so, lo so cosa state pensando, ma non andiamo fuori tema - anzi fuori post - va'.

Segnalo il numero 234. Non si è assimilato alla geometria della fila.


3) CITOYEN 
cittadino, direte voi, lo sanno anche i muri! Ben mi sta, ma io pensavo a un’accezione diversa del termine, precisamente nella sua funzione aggettivale. Vediamo un po’, tratto dal sito della Académie Française: “Citoyen, qui devient un adjectif bien-pensant associant, de manière assez vague, souci de la bonne marche de la société civile, respect de la loi et défense des idéaux démocratiques. ». Avremo così tutto un roboare di "actes citoyens" - fare la differenziata, raccogliere una volta al mese i rifiuti canini, andare a votare, aderire a un'associazione di quartiere, eccetera eccetera. Insomma, il classico termine passe-partout, ergo un termine buonista, politicamente corretto, e che - guarda caso! - piace molto alla stampa.

"E se le facessi uno SGAMBETTO très, très citoyen?"


4) POLITESSE
le buone maniere insomma, termine quasi intraducibile che indica “Ensemble des usages sociaux régissant les comportements des gens les uns envers les autres ; observation de ces règles : une visite de politesse. ("insieme delle consuetudini sociali alla base del comportamento delle persone e l’osservazione di tali regole: una visita di cortesia). 

I francesi ci tengono moltissimo – mai rivolgere la parola a uno sconosciuto senza averlo prima salutato con un seppur flebile "bonjour", controvoglia quanto vi pare, ma che si deve percepire acusticamente; mai sfiorare i passanti senza mormorare "pardon", guai ad accettare il resto dalla commessa senza sibilare "merci", e giammai chiedere un favore a un amico – fosse anche l’amico di sempre, quello che conoscete da una vita e con cui andavate a far pipì durante la ricreazione – senza iniziare/finire la frase con un "s’il te plaît"

Potrei avere tutti i macarons in un solo boccon S'IL VOUS PLAIT?


La politesse è molto più di un codice insegnato ai futuri citoyens sin dalla scuola materna, la politesse è la spina dorsale della società, il fulcro attorno cui tutto ruota, il sale che condisce i rapporti interpersonali in questo Paese. Non di rado, infatti, ci si rende conto che l’interazione tra esseri umani inizia e finisce con un cordiale, cortese (aridino ma rassicurante) scambio di formules de politesse
Amen.

Lui me plaît, ma ripieno di Nutella.


5) CARTÉSIEN
cartésien da Cartesio, ovvio come il tramonto di sera, denota la capacità di agire in modo razionale, lucido, obiettivo - del resto l'Illuminismo, che celebra la razionalità simbolizzata dai Lumi, fu un periodo storico, nonché un movimento filosofico nato in Francia e successivamente diffusosi in altri Paesi europei. 

Ma in cosa consiste l'essere cartésien, che definirei senza dubbio come la quintessenza della French attitude? Consiste nel saper (convenientemente, elegantemente e automaticamente) agire facendo appello alla razionalità - sangue freddo, lucidità conditi da una bella manciata di politesse, rieccola! - filtrando tutte le emozioni che potrebbero interferire nell'azione/reazione facendo trasparire un'umanità che no, per i francesi non s'ha da mostrà. Ecco, questo "cartesianesimo" a oltranza è motivo di profondissima ammirazione e/o abissale noia da parte di noi italiani. (La prima all'inizio della permanenza nel Paese, la seconda dal terzo anno di soggiorno in poi). 



6) FAUX-CUL – alla lettera “falso culo” (ipocrita) 

sarò falso ma PAS MAL non?
Sapete da dove viene questa espressione? All’origine era un’armatura metallica o cuscino posto al di sotto della gonna, sopra alle natiche (fonte: Larousse). 

Il faux-cul è un ipocrita per eccesso di educazione (hypocrite par excès de politesse), intento a rimanere sempre tutto d’un pezzo volendo per calcolo, ma soprattutto per consuetudine sociale, altrimenti detta conformismo.


Gradirebbe un caffè a base di ginseng e cicuta, Madame?

Aneddoto tipicamente faux-cul:

Ho assistito giorni fa a un gustoso dialogo tra vicini. Madame Dupont (chiamiamola così) mormorava a Madame Fonzy (originariamente Fonzi, poi... "assimilata" mediante aggiunta di Y): “Vous le savez?? Madame Froissart vient de se séparer de son mari!" (Lo sapeva ? Madame Froissart si è separata dal marito !”)  e l’altra, tappandosi platealmente la bocca per reprimere un moto di stupore misto a sdegno: "Non !! Ce n’est pas vrai !!" (Ma non mi dica!! Non ci posso credere!!).
La verità? Tutti sanno che il signor Froissart è un fedifrago impenitente, anzi lo hanno visto più volte tubare con la giovane amante nel ristorantino di quartiere. Dire "Ah ma lo sanno anche i muri!" sarebbe stato sconvenientemente, maleducatamente, brutalmente SINCERO. 
Quasi... italiano.

;-)

linguisticamente vostra, 
p@rpra



immagini prese da internet

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